“HINC FELIX ILLA CAMPANIA EST”
Chekos’art e il suo contributo al progetto GRAART – un progetto di Arte Contemporanea Urbana che ripercorre la storia e il mito di Roma attraverso opere di Urban Art realizzate da artisti provenienti da varie parti del mondo sulle pareti del Grande Raccordo Anulare.
La vicinanza con l’arteria che collega Roma a Napoli invita a raccontare l’antico legame che salda questi due territori. Ciò che per i romani era la Campania Felix, secondo la definizione di Plinio il Vecchio, è il tema storico d’ispirazione per narrare un legame emotivo, oltre che territoriale, fra una fetta di territorio campano e l’Urbe, che fu spezzato drammaticamente nel 79 d. C. con l’eruzione del Vesuvio e la distruzione di Pompei, Ercolano e altre località della zona.
Lo stesso Plinio troverà la morte quel giorno. Lo sappiamo grazie a suo nipote, Plinio Il Giovane, che in un carteggio con lo storico Tacito racconta le tragiche circostanze della scomparsa di suo zio e nello stesso tempo si trasforma in cronista del cataclisma che ha spazzato via una costola fondamentale di Roma, anche se lontana dal territorio capitolino.
La ricerca di questo rapporto fra l’Urbe e la “sua” Campania Felix ci conduce, necessariamente anche all’interno delle corti imperiali. E nella fattispecie in una vicenda che ebbe il suo epilogo nel I secolo, in una villa patrizia di Baia (in Campania): l’omicidio di Agrippina Minore da parte di suo figlio Nerone.
La vita dell’ultimo imperatore della dinastia Giulio-Claudia e dei suoi sodali è lo spunto per raccontare un intero sistema di valori, i suoi pregi e i suoi vizi, ma pure la grande cultura che pervadeva questi ambienti e le sue geografie che, almeno nel I secolo, prediligevano appunto i paesaggi rilassanti della Campania. Il viaggio, quindi, riporta naturalmente a Roma, al cospetto di ciò che rimane della Domus Aurea. E, di conseguenza, anche davanti all’Anfiteatro dei Flavi (il Colosseo), costruito per cancellare la memoria di Nerone.
Ma la narrazione delle molte ombre e delle moltissime luci della vita di corte non può non trattare un argomento cruciale per risolvere molti dibattiti politici della Città Eterna: il veleno. Onnipresente compagno dei nobili di questi tempi, fu fedele alleato tanto dell’Augusta Agrippina che di suo figlio Nerone. Entrambi infatti si avvalsero dei servigi di Locusta dei Galli, sicario ufficiale della corte imperiale, che ebbe la sua bottega sul Palatino fino a che il potere non passò nelle mani dell’imperatore Galba, il quale la condannò a morte in un evento pubblico sanguinosissimo, la cui crudezza è passata alla storia. (testo a cura di David Diavù Vecchiato)
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